Pietrangeli: oltre i campi e le officine

La voce di Roberto Musacchio è ancora rotta dall’emozione. La notizia della morte di Paolo Pietrangeli è freschissima e Musacchio pare fare parecchia fatica nel capacitarsene: “Sapevo bene che Paolo fosse malato da un po’ di tempo, ma da amico speravo che la malattia non degenerasse mai”.

Roberto Musacchio è un ex europarlamentare, dirigente prima del PCI e poi eletto a Strasburgo con Rifondazione Comunista: “È proprio grazie a Rifondazione Comunista che io e Paolo Pietrangeli ci siamo conosciuti. Erano gli anni novanta. Io ho una decina d’anni meno di lui e per me Paolo era già un mito, oltre ad essere la colonna sonora di tutte le manifestazioni alle quali partecipavo”.

Roberto Musacchio

Già, la colonna sonora. La figura di Paolo Pietrangeli è indissolubilmente legata ai suoi canti di protesta, che hanno fatto da leit motiv di tantissime manifestazioni di sinistra, dal sessantotto in poi: “Paolo sapeva di essere quasi condannato ad essere ricordato essenzialmente per Contessa, la sua canzone più famosa. Ci aveva fatto il callo, anche se lui era molto altro e molto di più. Paolo è stato un po’ dentro la storia di tutti noi, sia di chi lo ha conosciuto da vicino, sia di chi non lo ha conosciuto personalmente, ma che di lui ha conosciuto l’opera, le canzoni. Il tratto però più importante, che ci tengo a sottolineare, è stato quello di essere, al tempo stesso, una persona sicuramente molto ironica, ma sempre molto seria e professionale, in ogni aspetto della sua vita”.

“Non vorrei legare il suo ricordo a una sorta di nostalgia, anche perché lui non è mai stato una persona nostalgica, revisionista, reducista, come a volte potrebbe sembrare quando si lega la sua figura esclusivamente alle sue vecchie canzoni. Paolo era una persona sempre attenta al presente, una persona che aveva sempre il dubbio, ma che metteva una grande professionalità in ciò che faceva e quindi dava anche la certezza di saper portare a termine tutto in modo efficace”.

Una uomo dalle mille sfaccettature: non solo cantautore impegnato, ma anche aiuto regista di giganti del cinema come Luchino Visconti e Federico Fellini, poi regista sia cinematografico che televisivo – è stato lui a dirigere per anni il Maurizio Costanzo Show e le prime edizioni di Amici – infine scrittore.

“Paolo ha usato vari mezzi, vari strumenti per esprimere il suo pensiero e la sua creatività. Negli ultimi anni si è dedicato molto alla scrittura, prima con una sorta di autobiografia cantata – “Una spremuta di vite”, Navarra Edizioni 2015 – poi dedicandosi al giallo. Ma è un giallo un po’ sui generis, con un protagonista che è una sorta di suo alter ego. Non è un investigatore, ma gestisce una trattoria e una libreria e dice di non amare i gialli. Non li ama, perché nei gialli tutto appare compiuto, tornano sempre i conti, mentre la vita non è così, la vita è aperta e i conti non tornano mai. Il cognome di quest’uomo, Giorgio Tremagi, è un anagramma di Maigret. Le storie sono ambientate in una zona di Roma poco battuta dalla narrativa, tra Piazza Epiro e Porta Metronia. Ne sono stati pubblicati due, finora. Io ho avuto la fortuna di leggere anche gli altri tre della serie, al momento inediti. Ecco, Paolo mi considerava a volte anche come una sorta di consulente, per questo mi mandava i suoi testi in visione e ascoltava con attenzione ogni suggerimento. Interrompeva la conversazione solo quando gli dicevo “Va tutto benissimo così”. A quel punto mi salutava in fretta. Forse perché dentro di sé non gli piaceva accontentarsi e restava quasi deluso, non ricevendo consigli per migliorare, pensando che si potesse fare sempre qualcosa di meglio”.

Paolo Pietrangeli

Certo, la sua opera di regista, di scrittore, ma non si può parlare di Paolo Pietrangeli sena parlare anche delle sue canzoni di lotta: “Ovviamente le sue canzoni restano importantissime. Ritengo che siano anche qualcosa di più di quanto si pensi comunemente. Credo, ad esempio, che il suo passato da aiuto regista di grandissimi autori, abbia avuto un peso in quelle sue canzoni. Per carità, sono sì le canzoni del sessantotto, ma sono anche canzoni estremamente popolari, i cui protagonisti siamo tutti noi. Personaggi popolari che erano anche appartenuti alla storia del cinema italiano e che Paolo ha trasposto nei suoi testi”.

Un altro degli aspetti poco conosciuti dell’attività di Paolo Pietrangeli, è stato anche quello di essere stato un reporter e un documentarista: “Beh, Paolo è stato, ad esempio, uno fra gli autori dell’opera collettiva sui fatti del G8 di Genova. Prima ancora, aveva realizzato un documentario intitolato “Il bianco e il nero”, che narra la storia del neofascismo italiano. L’antifascismo gli è sempre rimasto molto vivo, ma anche in questo caso è un antifascismo con lo sguardo rivolto non all’indietro, ma all’oggi”.

Diversi elementi ritornano un po’ in tutti gli ambiti della vita artistica e professionale di Pietrangeli: “L’aspetto dell’antifascismo, ad esempio, è molto presente anche nei suoi libri. Paolo svolgeva tutto con estrema professionalità, con attenzione per la peculiarità del mezzo espressivo usato, ma i suoi diversi aspetti creativi e professionali non erano compartimenti stagni. Ad esempio il suo primo romanzo è la trasposizione letteraria di alcuni temi che aveva già affrontato in un suo disco. Altro aspetto sempre presente è la leggerezza, il velo d’ironia che metteva in ogni cosa. Nel suo film “I giorni cantati”, che ha per protagonisti personaggi del calibro di Mariangela Melato, Roberto Benigni, Francesco Guccini, lui usa filastrocche, calembour, proprio come faceva anche nei suoi brani musicali e nei suoi concerti e come ha poi fatto nei suoi racconti”.

Sempre con la voce un po’ rotta dall’emozione, Roberto Musacchio, racconta anche di come Pietrangeli non abbia mai smesso di progredire, di crescere, su un piano sia umano, sia artistico e creativo: “Per esempio nei suoi libri, che mi auguro presto tutti abbiano la possibilità di leggere, ho visto con chiarezza una continua evoluzione. Nel primo libro la storia è quasi destrutturata. Poi, mano mano che si va avanti, negli altri libri tutto prende più solidità, i personaggi prendono più corpo. Personaggi che spesso sono una trasposizione di figure reali, che hanno davvero avuto un ruolo nella vita di Paolo”.

La peculiarità di Pietrangeli è però stata senz’altro quella di essere un artista multiforme, la cui creatività si è mossa sempre all’interno di un impegno sociale e collettivo: “L’aspetto collettivo è sempre stato presente nell’attività di Paolo. Lui non era solo un cantautore, un genio isolato, ma ha fatto parte del Canzoniere Italiano. La sua attività era sempre all’interno di un gruppo. Questo era poi particolarmente vero all’interno della sua attività politica. Questo suo aspetto si trasmetteva immediatamente a tutti ed è stato anche il motivo dell’efficacia e del successo delle sue canzoni. Professionalità e militanza sono i due aspetti principali del percorso umano e artistico di Paolo”.

“Sul piano umano, poi, Paolo era un uomo che fino alla fine si è posto sempre dei dubbi, delle domande. Su ogni aspetto della vita. Persino sulla formazione della Roma, di cui era un tifoso sfegatato”.

Prima di salutarci, Musacchio vuole ricordare anche quel forte legame che ha avuto Pietrangeli con la sua città: “Un legame così forte che, forse in pochi lo ricordano, Paolo è stato anche assessore capitolino ai tempi della giunta Rutelli. Si occupò di promuovere le attività culturali dal basso. Lavorò molto per mettere a disposizione luoghi e strutture a chi voleva fare musica, teatro, cinema. Ma per capire quanto amasse la città, consiglio a tutti di leggere i suoi libri, dove il suo amore per Roma risulta vivo ed evidente”.

La conversazione si chiude, come era cominciata, con la voce un po’ velata dall’emozione.
L’appuntamento, ora, per chi volesse dare un ultimo saluto a Paolo Pietrangeli, è dalle ore 11 alle 13 di mercoledì 24 novembre, presso il Policlinico Gemelli, dove sarà allestita la camera ardente e poi, alle 15, per le esequie, alla Casa del Cinema, in Largo Marcello Mastroianni.

 

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