Via Frosinone

In Art We Trust, dice una grande pittura, visibile da via Nizza, su uno dei muri esterni del Macro, museo per l’arte contemporanea e un tempo odoroso birrificio Peroni.

Le memorie industriali del quartiere – birra, ma anche biscotti Gentilini – sono però appannaggio di chi ha quasi solo capelli bianchi, e l’arte è arrivata a smuovere un’area divenuta nel tempo signorile fino quasi al torpore.

Non certo frenetica, via Frosinone è pressoché dirimpetto all’entrata del museo e offre, di là da un platano più alto dei palazzi, la visione tranquilla e quasi veneziana del ponticello che la attraversa, incorniciato da due piccole rampe sui lati.

La strada di nome ciociaro prosegue oltre l’elegante sottopassaggio, mentre salendo su una qualsiasi delle rampe si scopre che quel ponte è in realtà via Savoia.

Visto da lì il seguito di via Frosinone appare come un cortile sottostante, tanto più che dopo pochi metri un cancello chiuso gli interrompe il cammino.

Può sembrare artistico, magari per suggestione museale, già questo sfalsamento di piani, ma un sovrappiù di esplorazione rivela altre porzioni di città.

Dietro i cancelli che arrestano la strada stanno architetture nobiliari e antiche sculture, mentre a sinistra sbuca – in territorio ancora pubblico – una scalinata che poi gira a destra.
Videocamere a parte, ne ricorda altre decine.

È il passaggio quasi segreto per via di Villa Albani, che è anche il nome del luogo dietro i cancelli: piani alti della classifica “tesori nascosti di Roma”, e una collezione d’arte di cui si dicono meraviglie, forse visitabile facendo domanda ai proprietari.

Il murale del Macro non si vede più ma sta lì, a qualche secolo e un centinaio di metri in linea d’aria. Il contatto tra le arti è forse possibile. Di sicuro crederci aiuta.

[Alessandro Mauro è l’autore di Se Roma fatta a scale (Exòrma, 2016) e Basilio – Racconti di gioventù assoluta (Augh!, 2019)]

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