In nome della Repubblica Romana

Nella piazza accanto a Campo de’ Fiori che si protende, più lunga che larga, verso il caos di corso Vittorio Emanuele, sorge imponente e bellissimo il Palazzo della Cancelleria, fatto costruire tra il 1489 e il 1513 dal cardinale Raffaele Riario, nipote del defunto papa Sisto IV.

Questo meraviglioso palazzo al sole del tramonto romano diventa d’avorio. Se riuscite a entrare (gli orari non sono comodissimi) e visitarlo, godetevi il più bel cortile della città, con 44 colonne di granito e le rose in pietra, simbolo araldico dei Riario, che spuntano delicate sui pennacchi degli archi, sui pilastri degli angoli e al centro del pavimento.

Fu papa Leone x, della famiglia de’ Medici, una volta espropriato il palazzo ai Riario, a portarvi la sede degli uffici vaticani, cioè la Cancelleria Apostolica.

Ma a noi piace sottolineare che in queste stanze, circa tre secoli dopo, ufficialmente nacque e venne proclamata la Repubblica Romana, e si riunì per qualche mese la sua Assemblea Costituente, eletta nel gennaio 1849. Nel giugno di quello stesso anno i costituenti saranno costretti a rifugiarsi in Campidoglio, perché le cannonate dei francesi, chiamati da Pio IX, facevano tremare il palazzo dalle fondamenta, ma è qui dentro che il 9 febbraio 1849 era stato votato il Decreto Fondamentale della Repubblica Romana: articolo 1, Il papato è decaduto di fatto e di diritto dal governo temporale dello Stato Romano; articolo 2, Il Pontefice Romano avrà tutte le guarentigie necessarie per l’indipendenza nell’esercizio della sua potestà spirituale; articolo 3, La forma del governo dello Stato Romano sarà la democrazia pura e prenderà il glorioso nome di Repubblica Romana.

L’esperienza della Repubblica Romana finì con l’estate, la resa, l’ingresso dei francesi in città il 4 luglio. Mazzini scrisse ai romani: “La vostra Assemblea non è spenta, è dispersa”.

Nell’aprile 1850 Pio IX rientrò a Roma, da dove era fuggito nel novembre dell’anno precedente per rifugiarsi a Gaeta, e il Palazzo della Cancelleria tornò a essere di proprietà della Santa Sede, che ancora oggi ospita qui i suoi tribunali: la Penitenzieria Apostolica, la Segnatura Apostolica, la Sacra Rota.

L’esperienza della Repubblica Romana finì con l’ingresso dei francesi in città il 4 luglio. Mazzini scrisse ai romani: “La vostra Assemblea non è spenta, è dispersa”

In pochi mesi di Repubblica Romana vennero abolite la pena di morte, la tortura, la carcerazione per debiti, proclamate la libertà di associazione, di pensiero, di parola, l’inviolabilità della persona, del domicilio, della corrispondenza; furono vietati i tribunali speciali e fu istituito il suffragio universale e il matrimonio civile; il diritto alla cittadinanza veniva sancito in base allo ius soli e non in base a un intangibile “diritto di sangue” dal sapore medievale. Ha scritto in un articolo Alessandro Portelli: “A pensarci bene, né Garibaldi né Mazzini erano romani per diritto di sangue: avevano genitori nati da tutt’altra parte. Ma diventano romani perché con Roma si identificano, per Roma combattono. Proprio come nell’Italia che abbiamo in mente noi: italiani si nasce perché si nasce nel territorio della repubblica, e italiani si diventa perché in Italia si vive, si lavora e si lotta”.

DA LEGGERE:

Ugo Riccarelli, La Repubblica di un solo giorno, Milano, Mondadori, 2011.

[La foto è stata diffusa da Wikipedia con licenza creative commons]

 

Guida alla Roma ribelle è un libro collettivo del 2013 dedicato, appunto, ai luoghi ribelli della Capitale (e ai ribelli, non solo romani, che li hanno animati). Pubblicato da Voland, una piccola ma caparbia casa editrice romana, fa seguito alla nota Guida alla Parigi ribelle di Ramón Chao e Ignacio Ramonet, e poi alla Guida alla Barcellona ribelle di Guillem Martínez. Abbiamo deciso, in accordo con gli autori, di pubblicarne nelle prossime settimane alcuni estratti, per raccontare storie, momenti e posti talvolta meno noti della Città Eterna. Che, nonostante sia stata sede dell’Impero e poi del Vaticano, è meno cheta e reazionaria di come possa apparire a prima vista, come spiegano benissimo gli stessi autori nell’introduzione. 

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