Bloody Riot, punk alla Suburra

Se venite da piazza della Madonna dei Monti e attraversate via del Boschetto, imboccherete via degli Zingari. Qui affluivano moltye della carovane di nomadi che arrivavano a Roma nel ‘600. Dal 2001 questa strada è stata scelta per ospitare la targa che ricorda “rom, sinti e camminanti” sterminati nei lager e troppo spesso dimenticati dalle celebrazioni ufficiali delle vittime dell’eccidio nazifascista.

Continuando a calpestare i sampietrini di via degli Zingari, si arriva alla piazzetta che porta lo stesso nome. A destra si scende verso via Urbana, a sinistra si prosegue lungo via dei Capocci. Proprio al bivio c’è un muretto di mattoni rivestito da un lastrone di travertino. È qui che al l’inizio degli anni ’80 si incontrava un gruppo di adolescenti affascinati dalla sottocultura punk proveniente da New York e Londra. Ed è qui che nel 1982 Roberto Perciballi (morto nel 2016 per un infarto, ndr) fondò i Bloody Riot, prima formazione punk romana a incidere un disco (l’EP omonimo con quattro brani: la programmatica Bloody Riot, l’estrema Contro lo Stato, l’inno contro ogni dipendenza No Eroina e la trascinante Naja De Merda, contro il servizio militare all’epoca obbligatorio).

I Bloody Riot cominciarono a suonare al Uonna Club, sulla via Cassia, poi si spostarono al Forte Prenestino e nei centri sociali occupati di tutta Italia, portando in giro un originale e grezzo mix di punkrock, hardcore, sfrontatezza romana e ribellione di strada.

I gruppi della scena punk italiana dell’epoca erano fortemente politicizzati ma anche rispettosi dell’ideologia anarco-pacifista-vegana, i Bloody Riot al contrario ostentavano – con la consueta combinazione di ironia e insolenza – il loro essere “‘coatti” di strada, ostili a ogni potere e nemici delle convenzioni, anche di quelle che circolavano nei movimenti sociali e controculturali. Questa posizione causò al gruppo non pochi problemi ma lo consegnò anche al mito underground della città.

DA LEGGERE
Roberto Perciballi, “Come se nulla fosse. Storie di ‘pank’ a Roma (1980-2000). Roma, Castelvecchi, 2000.

Guida alla Roma ribelle è un libro collettivo del 2013 dedicato, appunto, ai luoghi ribelli della Capitale (e ai ribelli, non solo romani, che li hanno animati). Pubblicato da Voland, una piccola ma caparbia casa editrice romana, fa seguito alla nota Guida alla Parigi ribelle di Ramón Chao e Ignacio Ramonet, e poi alla Guida alla Barcellona ribelle di Guillem Martínez. Abbiamo deciso, in accordo con gli autori, di pubblicarne nelle prossime settimane alcuni estratti, per raccontare storie, momenti e posti talvolta meno noti della Città Eterna. Che, nonostante sia stata sede dell’Impero e poi del Vaticano, è meno cheta e reazionaria di come possa apparire a prima vista, come spiegano benissimo gli stessi autori nell’introduzione. 
Il libro è sempre disponibile, anche in formato digitale.E dunque vi invitiamo ad acquistarlo.

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