C’era una volta MAS

C’è ancora chi dice che MAS sia come l’araba fenice e saprà risorgere dalle proprie ceneri, riaprendo di nuovo, prima o poi, com’è già successo cinquant’anni fa. Potremmo crederlo anche noi, se non fosse che questi profeti sono gli stessi che, a lungo, profetizzarono anche che MAS non avrebbe chiuso mai, visiti i tanti annunci di fallimento, iniziati fin dagli anni Novanta, poi puntualmente disattesi. E poi pare proprio che i locali siano stati acquistati dall’Accademia del Costume e della Moda, che dovrebbe trasferirsi lì.

Il condizionale resta d’obbligo, perché, in un modo o in un altro, quella strana e pittoresca istituzione popolare che erano i grandi magazzini di via dello Statuto, era riuscita ogni volta a barcamenarsi e a restare in piedi, rimandando sempre di “un altro po’” la definitiva chiusura. Almeno fino alla pandemia.

Oggi, di quel secolo di storia e di romanità che MAS ha rappresentato, restano vetrine vuote e bacheche rotte. Dento, però, alcuni agenti di security vigilano curiosamente su quel nulla, nell’attesa degli eventi. Forse è vero che MAS risorgerà come l’araba fenice e loro sono lì, pronti per il giorno di quell’improbabile resurrezione.

I magazzini di piazza Vittorio

Quando piazza Vittorio voleva essere – nella mente degli urbanisti della nuova Roma Capitale d’Italia – il salotto buono della Roma belle époque, coi suoi portici e i suoi bei giardini centrali, anche i grandi negozi di moda che aprirono sulla piazza si rivolgevano ad un pubblico di classe, stracolmi di modelli all’ultimo grido, provenienti da Parigi.

Ben presto quel salotto buono prese un assetto sempre più popolare. Prima una guerra, poi un’altra. Nel 1946 i grandi magazzini d’alta moda, i Magazzini Castelnuovo – negli ultimi anni ribattezzati Magazzini Roma – all’angolo fra via dello Statuto e i portici di piazza Vittorio, chiusero definitivamente. Non sapevano ancora che l’araba fenice avrebbe spiccato nuovamente il volo appena qualche anno dopo.

La nascita di MAS

È il 1954 quando, nello stesso luogo, quel negozio riapre con un novo nome: “Magazzini Allo Statuto”. L’acronimo che ne esce fuori ha un’aria un po’ nostalgica: MAS. Sembra volere ricordare il dannunziano Memento Audere Semper, forse sperando così di ripetere il successo di altri grandi magazzini dal nome dannunziano: La Rinascente.

Sembra volere ricordare anche il Motoscafo Armato Silurante, la MAS per l’appunto, quell’agile imbarcazione da guerra, che compì azioni rimaste leggendarie, durante la prima e soprattutto la seconda guerra mondiale, divenendo così, a guerra finita, uno dei miti della retorica neofascista.

Ma di neofascista quei Magazzini alla fine ebbero ben poco. Si trasformarono anzi, poco a poco, in una vera e propria “casa del popolo”, in un centro della moda a basso costo, frequentato dal proletariato romano e da quel melting pot multietnico che avrebbe presto caratterizzato la zona dell’Esquilino.

Il cambio di proprietà

Questa netta trasformazione non avvenne in modo immediato, ma per progressivi passaggi. Negli anni Sessanta, infatti, di nuovo i magazzini conobbero un periodo di chiusura. Poi, negli anni Settanta, la fenice risorse un’altra volta, con una nuova gestione, proveniente dalla Campania, e un tipo di conduzione fortemente familiare.

La nuova proprietà accentuò moltissimo il carattere da mercatino low cost dei Magazzini Allo Statuto – che ormai tutti chiamavano semplicemente MAS – che divennero un luogo in cui darsi appuntamento e in cui era possibile incontrare di tutto, sia fra gli scaffali – pieni zeppi di stock di vestiti vintage, kitsch e assolutamente improbabili, accanto ad altri di fattura più classica – sia fra i clienti, altrettanto variegati e variopinti.

La presenza nella piazza di un grande mercato aveva incrementato l’arrivo di una clientela delle classi medio basse. A questa si affiancavano costumisti di teatro e cinema, che lì potevano trovare materiale utile ed economico per gli abiti di scena, e poi attori, artisti e intellettuali che avevano cominciato a frequentare la zona, suore dei vicini monasteri, oltre a uomini e donne provenienti da ogni continente.

I problemi finanziari

A gestire il marchio MAS era Giovanni Pezone, insieme alla moglie Rachele Valenti e ai figli Domenico, Antonietta e Chiara. Nessuna raffinata strategia di marketing: andavano nei depositi, compravano la merce che trovavano, la conservavano nei loro magazzini e la tiravano fuori ogni tanto, a caso, per rimetterla in vendita.

Alla fine degli anni Ottanta cominciano però i primi problemi di natura giudiziaria. I Pezone, infatti, avevano cercato di acquistare l’intero palazzo di via dello Statuto, non solo per utilizzarlo come negozio, ma anche, in parte, come abitazione per tutta la famiglia. Peccato però che non fossero sempre puntualissimi per il pagamento del mutuo.

Nel 1997 il tribunale decreta un primo fallimento. Poi un altro nel 2001. Un altro ancora nel 2002. Tra continui cambi di società – tutte però più o meno riconducibili, direttamente o indirettamente, alla famiglia Pezone – vicende giudiziarie sempre più intricate, condanne, appelli e periodici annunci di chiusure imminenti.

MAS icona pop

Nel frattempo MAS era divenuta una vera e propria icona pop di Roma, inserita da tutte le più importanti guide turistiche fra le cento cose da vedere assolutamente una volta giunti in città, al pari del Colosseo o della Cappella Sistina. Merito di un fortissimo passaparola e di alcuni video apparsi in quegli anni.

Prima i trashissimi spot pubblicitari con Alvaro Vitali nelle vesti di Pierino. Poi Er Piotta che fa entrare dentro MAS il suo Supercafone, un Supercafone ovviamente vestito MAS dalla testa ai piedi. Infine, nel 2014, un docufilm presentato addirittura al Festival di Venezia: “The show MAS go on”, che racconta la storia e le particolarità di quei magazzini.

D’altronde chi, come me, avesse avuto modo d’incontrare in quegli anni Chiara Pezone – che dopo la morte del padre e le difficoltà legali della madre aveva preso le redini della situazione – si sarebbe accorto subito che i gestori stessi dell’azienda erano “Icone pop”: con un stile MAS decisamente eccentrico, negli abiti, nei gioielli, nel trucco, nelle acconciature.

MAS a Vigne Nuove

Un ultimo disperato tentativo di non arrivare a una totale chiusura, era stato fatto qualche anno fa con l’apertura di un nuovo negozio MAS a Vigne Nuove. L’idea era quella di trasferire armi e bagagli la storia ormai centenaria dei Magazzini Allo Statuto in una nuova zona popolare.

Ma a Vigne Nuove, a parte l’edilizia pubblica che ne fa un quartiere a reddito medio basso, non c’è quello stesso melting pot dell’Esquilino capace di fare di MAS un luogo unico, particolarissimo, un crogiuolo di lingue e di culture, che si riunivano lì per acquistare un economico vestito fuori moda.

Vuoi anche la vicinanza col grande centro commerciale di Porta di Roma, anche le vetrine di Vigne Nuove oggi sono abbassate, proprio come quelle storiche di via dello Statuto. Un pezzo di storia di Roma è scomparso. Dalla storia ora dobbiamo trasferirci nella leggenda, confidando nell’ennesimo colpo d’ali dell’araba fenice.

il video di Supercafone
il trailer di “The show MAS go on”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.