Galleria Sciarra: il trionfo Liberty

La sua collocazione è davvero strategica: a due passi da Fontana di Trevi e da Via del Corso, non distante da piazza Venezia, attraverso quell’ampio corridoio che è piazza Santi Apostoli, contenuta fra via Mario Minghetti e piazza dell’Oratorio. È la Galleria Sciarra, ideata nel 1886 come appendice del seicentesco palazzo Sciarra Colonna di Carbognano.

Nonostante la sua posizione, sono pochissimi i turisti che si recano a visitarla, così come abbastanza rari sono i romani che vi si imbattono. Ancora meno sono coloro che ne conoscono la storia, il perché sia nata e cosa venga rappresentato nei meravigliosi affreschi – anche se sarebbe più corretto chiamarle “pitture ad encausto” – che la decorano.

Nella Roma “dannunziana”

Siamo alla fine dell’Ottocento. Roma è una città in fermento. Divenuta da pochi anni Capitale del regno d’Italia, sta vivendo una fase di ristrutturazione e modernizzazione del proprio tessuto urbano. Il suo nuovo ruolo impone, infatti, la necessità di creare nuovi prestigiosi spazi per un imponente apparato burocratico.

A Roma, in quegli anni, fioriscono nuove attività, la popolazione continua a crescere e con lei la necessità anche di nuovi spazi abitativi. Il fermento culturale, con una classe borghese che si va via via affermando in città, è fortissimo. È questa la Roma che Gabriele D’Annunzio avrebbe poi raccontato nel suo romanzo “Il piacere”.

La galleria, voluta dal principe Maffeo Barberini Colonna di Sciarra, è una sorta di sintesi perfetta di tutto ciò. Elegante e al temo stesso funzionale, serve a collegare tutti gli spazi di sua proprietà. Il principe, infatti, oltre ad essere impegnato nell’attività politica come deputato, è anche un editore.

La Galleria Sciarra, dunque, oltre alla sua dimora privata, ospita e mette in collegamento la redazione del quotidiano “La Tribuna” e quella della rivista letteraria “La Cronaca Bizantina”, che ha come direttore proprio Gabriele D’Annunzio.

L’esaltazione della donna

Il progetto della Galleria viene affidato all’architetto Giulio De Angelis, noto per aver lavorato alla costruzione del palazzo della Rinascente e realizzato in uno stile Liberty, con un cortile a pianta quadrata coperto da una volta in ferro e vetro, con colonne di ghisa agli ingressi e un ciclo di affreschi con richiami classici.

La realizzazione dei dipinti è opera di Giuseppe Cellini, su ispirazione di Giulio Salvatori, un critico letterario che gli suggerisce di sviluppare il tema iconografico della “Glorificazione della donna”, raffigurando modelli di virtù femminili: “La Pudica”, “La Sobria”, “La Forte”, “L’Umile”, “La Prudente”, “La Paziente”, “La Benigna”, “La Signora”, “La Fedele”, “L’Amabile”, “La Misericordiosa”, “La Giusta”.

C’è poi un secondo filone narrativo delle pitture, con scene della vita borghese durante la “belle époque”: “La Cura del Giardino”, “Il Pranzo Domestico”, “L’esercizio Musicale”, “Le Opere di Carità”, “La Toletta” e “La Conversazione Galante”. La leggenda vuole che in quest’ultima rappresentazione, l’uomo che conversa amabilmente con una donna dell’alta società, sia proprio Gabriele d’Annunzio.

Verità o finzione che sia, resta il fatto che la Galleria Sciarra rimane come uno dei maggiori capolavori di fine ottocento. Un capolavoro la cui fruizione è gratuita e aperta a tutti in orario d’ufficio.

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