L’invenzione dei paparazzi

Dire Paparazzo e dire Dolce Vita pare essere quasi un tutt’uno. Infatti era proprio questo il nome del personaggio che in quel film “paparazzava” il bel mondo di via Veneto, cercando di fotografare i Vip nelle situazioni più compromettenti e scandalose.

Dato il successo della pellicola – vincitrice anche del premio Oscar – da quel momento il termine passò a definire tutti i fotografi specializzati nel riprendere personaggi famosi, quasi sempre nella speranza di scovarli in situazioni particolari, compromettenti, in modo da poterne ricavare più soldi.

Un cambio di epoca

Erano gli anni in cui i rotocalchi si stavano diffondendo, ottenendo un crescente successo, soprattutto tra un pubblico popolare e meno colto. Si trattava di pubblicazioni che proponevano un tipo di comunicazione molto innovativa per l’epoca, non più fatta tanto di testo quanto di immagini, con titoli a sensazione, presunti scoop, un gusto morboso per gli scandali e un’overdose di cronaca rosa.

Questo tipo d’informazione fece nascere una generazione di fotografi che abbandonarono le regole della “buona educazione” fino ad allora vigenti nella fotografia destinata al mercato editoriale, e cominciano a praticare una fotografia “d’assalto”, con scatti rubati, appostamenti notturni fuori dai locali alla moda, rocamboleschi inseguimenti in auto.

Un genere che venne spesso disprezzato e considerato decisamente poco nobile, anche da chi lo praticava, ma che venne sempre meglio pagato, avendo ottenuto una presa immediata e un ampio consenso popolare.

Si stava dunque assistendo a un fondamentale momento di svolta, con l’invenzione di un nuovo genere. Un momento di svolta non solo nella storia del giornalismo e della fotografia, ma anche del costume e della società e che ebbe per principali protagonisti proprio i tanto vituperati Paparazzi.

Ma Fellini copiò Flaiano

Dunque, come dicevamo, se il termine paparazzo divenne subito di uso comune, il merito va a Federico Fellini, che nella sceneggiatura del più famoso dei suoi film, metteva varie volte in bocca a Marcello Matroianni il nome “Paparazzo”, con cui chiamava il personaggio del fotografo

Quello che in pochi sanno, però, è che Fellini non inventò quel nome, ma lo prese a prestito da Ennio Flaiano, il quale, a sua volta, si era ispirato a un termine in uso nel suo originario dialetto abruzzese.  

Flaiano, infatti, descrivendo i fotografi, aveva paragonato l’obiettivo della macchina fotografica – e, per estensione, il personaggio dietro la fotocamera – all’apertura e chiusura delle valvole delle vongole, che in Abruzzo venivano chiamate proprio “Paparazze”.

Dal mare Adriatico – luogo natio sia per il pescarese Flaiano che per il riminese Fellini – a Roma, da Roma all’Italia e infine dall’Italia al mondo – il termine “paparazzi” si usa ormai anche in inglese – sicuramente oggi nessuno pensa più alle vongole. Ed è questo uno dei tanti esempi di come l’evoluzione di una lingua possa portare con sé i percorsi più inattesi.

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