Diario Bio / Ma con la Francia non litighiamo, quando si tratta di ricerca

Luca Colombo è il segretario generale della Firab, Fondazione Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica e Biodinamica. Autore di diversi libri, come “Diritti al cibo!”, collaboratore del supplemento “Extraterrestre2 del quotidiano Il Manifesto, è un esperto di sicurezza alimentare e colture transgeniche. Su Roma Report terrà una sorta di diario, senza precise scadenze, sulle sue esperienze di ricerca, viaggio e confronto.

Non c’è proprietà transitiva tra governi, stati e cittadini, quando si parla di relazioni tra Paesi. Così come il Presidente della repubblica Sergio Mattarella dimostra interesse al dialogo, alla cooperazione e alla prossimità istituzionale con la Francia, gli stracci che volano tra i due governi transalpini non trovano necessariamente corrispettivo tra le persone e le realtà scientifiche.

Nei suoi limiti di rappresentatività, l’ho verificato a inizio novembre, quando sono stato invitato a Parigi a condividere il lavoro di ricerca e innovazione che con la Firab sto realizzando nel solco di un progetto europeo di ricerca e di due progetti regionali di innovazione.
In due distinti appuntamenti mi è stato chiesto un contributo volto a testimoniare la specificità dei percorsi italiani su temi di interesse e potenziale replicabilità in Francia. Nel quadro di un confronto sui sistemi agrari, promosso dal congresso biennale Phloeme, ho riportato risultati e ostacoli del lavoro di esplorazione di filiere alimentari di canapa che stiamo conducendo in Sicilia con il progetto FiSiCa, mentre nel contesto dell’Esposizione Internazionale della Meccanizzazione Agricola (SIMA) ho partecipato a un talk con format televisivo sul tema della coltivazione a strisce che sperimentiamo nelle Marche, nel contesto di Ortobiostrip, un nuovo approccio agroecologico per diversificare spazialmente le coltivazioni al fine di aumentare la sostenibilità delle produzioni e contribuire ad abbellire il paesaggio rurale.

Luca Colombo a Parigi, ospite di una trasmissione di TvAgri.info sullo “strip cropping”

Normale condivisione nello spazio europeo di collaborazione scientifica, si dirà. Eppure, da quando c’è di mezzo il sovranismo alimentare (altro dalla sovranità solidaristica promossa da Via Campesina 25 anni fa) o le scorie non ancora assorbite della Brexit, che ora vedono il Regno Unito pietire la compartecipazione delle proprie istituzioni scientifiche nei programmi di ricerca dell’Unione Europea, acquistano una prospettiva meno scontata.
Ricerca, sperimentazione, innovazione si alimentano di scambio e confronto, di rimozione delle frontiere, di accettazione dell’alterità da intendersi anche in relazione ad origine e forma dei saperi che concorrono a formulare nuove risposte alle domande sociali e di ricerca.

La scienza è storicamente anche il campo del narcisismo e della competizione, ma se sfociassero nel rigurgito identitario e isolazionista sarebbero dolori. A maggior ragione se nel mostrare i muscoli si dimenticasse che mentre blindiamo le frontiere all’entrata queste sono molto porose in uscita, particolarmente per chi lavora nella ricerca: si stimano in 14.000 i ricercatori italiani migrati all’estero per lavorare tra 2008 e 2019, spesso di talento e dopo cicli di studio in Italia, con significativo drenaggio di investimento formativo del nostro Paese.

Ci pensavo mentre passeggiavo per Parigi con mio figlio, in vacanza scolastica e prossimo all’iscrizione all’Università: probabilmente all’estero.

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