Ecco perché i media dovrebbero seguire Trump in modo “responsabile”

In che modo i mezzi di informazione – da tempo “schiavi” di Trump – possono coprire in modo responsabile la sua nuova corsa alla presidenza? Thomas Patterson – un politologo statunitense, che insegna “Government and the Press” alla Harvard Kennedy School ed è autore di numerosi libri, ha scritto questa serie di “raccomandazioni” per i giornalisti statunitensi. Ma leggendole, ci siamo accorti che possono tranquillamente valere anche per l’Italia e l’Europa, non soltanto parlando di Trump…

Ora che è nella corsa presidenziale del 2024, quel circo mediatico raccolto in una sola persona che è Donald Trump sta tornando per una nuova stagione.
Trump fa ancora notizia. È stato indebolito dalla sconfitta alle elezioni presidenziali del 2020, dal suo tentativo di rovesciarne il risultato e dalla performance deludente dei candidati repubblicani alle recenti elezioni di mid term. Ma Trump è più di un leader di partito. Il suo “Make America Great Again”, detto anche “MAGA”, è un movimento politico. Trump ha una legione di seguaci irriducibili.

Poi c’è lo storyline di Trump. Trump sta ai giornalisti come il miele agli orsi. I giornalisti amano il conflitto e Trump ne offre in abbondanza. È per questo che ha dominato la copertura delle notizie quasi ogni settimana della sua corsa presidenziale del 2016; perché ha ottenuto tre volte più copertura giornalistica durante i suoi primi 100 giorni da presidente rispetto ai suoi immediati predecessori; e perché è sempre nel flusso delle news da quando ha lasciato la Casa Bianca.

Trump è anche una “preda” facile per i cronisti. In un’era in cui i politici seguono sempre più spesso copioni veri e restano a distanza dai media, l’ex presidente è alla loro portata. Quando era alla Casa Bianca, ha risposto a più domande dei giornalisti rispetto a tutti i suoi recenti predecessori.

C’è una terza ragione per cui Trump attirerà l’attenzione dei media: fa aumentare gli ascolti. Nel solo periodo delle elezioni presidenziali del 2016, ha fatto crescere così tanto il pubblico che le entrate pubblicitarie delle tv via cavo sono aumentate di centinaia di milioni di dollari. Anche le emittenti ne hanno beneficiato: il CEO della CBS Les Moonves, come è noto, ha detto che la corsa presidenziale di Trump “potrebbe non essere buona per l’America, ma è dannatamente buona per la CBS”. Durante la presidenza di Joe Biden, gli spettatori della TV e dei notiziari online sono diminuiti drasticamente, rispetto agli anni di Trump.

Quindi la domanda non è se Trump verrà seguito dai media, ma come i giornalisti dovrebbero occuparsi di lui. Se devono servire l’interesse pubblico, i giornalisti non possono applicare con lui le regole ordinarie per “coprire” i candidati. Si tratta infatti di un politico che sfida regolarmente le norme democratiche e mente senza problemi. Come studioso da lungo tempo del giornalismo politico, offro qui alcune raccomandazioni per dare la dovuta attenzione alla candidatura di Trump senza però fare da cassa di risonanza alle sue affermazioni false oppure promuovere le sue posizioni antidemocratiche.

Non fare il suo gioco
Trump è un maestro nel cambiare la narrativa, quando non va nella sua direzione o favore. Per farlo con successo, si affida ai giornalisti che abboccano. Correre a raccontare qual è l’ultima oltraggio di Trump serve solo a dargli una copertura sproporzionata e a distogliere il pubblico da ciò che invece merita di più la sua attenzione.

Segnalare le falsità, ma senza restarci incollati
Quando è impossibile ignorare una delle fake news di Trump, bisogna etichettarla come tale nel proprio pezzo. Allo stesso tempo, dire per l’ennesima volta che Trump sta giocando in fretta e furia con i fatti non è niente di nuovo o inaspettato. L’ultima menzogna di Trump potrebbe essere materia allettante, ma da sola non fa notizia. Uno studio della Columbia University del 2015 ha rilevato che i media d’informazione “svolgono un ruolo importante nella propagazione di bufale, affermazioni false, voci discutibili e contenuti virali dubbi”. I giornalisti in genere non fanno loro stessi affermazioni false, ma danno spazio a quelle dei protagonisti delle notizie. E una volta diffuse, le menzogne vengono amplificate sui social media, dove assumono una vita propria, in parte anche perché le persone tendono ad accettare affermazioni false che però rispecchiano ciò a cui vorrebbero credere. Pochi esempi illustrano il punto in modo più chiaro della convinzione di una considerevole maggioranza repubblicana che le elezioni del 2020 siano state rubate.

Non rilanciare le sue provocazioni sui social media
Quando Trump era presidente, un terzo dei suoi tweet più popolari conteneva un’affermazione falsa. Ma molti americani non le avrebbero mai sentite direttamente da Trump. Uno studio ha rilevato infatti che solo l’1% circa dei suoi follower su Twitter ha visto un tweet direttamente dal suo feed. La maggior parte degli americani ha sentito parlare dei suoi tweet attraverso la copertura delle notizie.

Non confondere intervista con notizia
L’offerta di un’intervista a Trump potrebbe essere allettante, ma a meno che il giornalista non abbia uno scopo chiaro e lo persegua ostinatamente, funzionerà solo a vantaggio di Trump, che è un maestro nel manipolare l’agenda. Invece di parlare con Trump per avere informazioni utili su di lui, Elizabeth Skewes, dell’Università del Colorado, suggerisce di ottenerle da persone che hanno lavorato con lui o lo hanno studiato da vicino.

Sottolineare quando attacca la democrazia
Rispettare le leggi, rispettare le istituzioni e seguire gli standard – altrimenti detti “norme democratiche” – sono tutti elementi fondamentali per una sana democrazia. I giornalisti, in quanto “cani da guardia” del potere, hanno il dovere di ritenere i potenti responsabili: e in ciò rientrano anche gli attacchi di Trump alla democrazia e alle sue istituzioni. Ma il pericolo che Trump rappresenta per la democrazia non dà ai giornalisti – che devono fornire fatti, non opinioni – la licenza di giudicare le sue politiche di sostanza. I giornalisti infrangono le proprie norme, quando prendono posizione nei dibattiti di parte su questioni politiche come l’immigrazione e il commercio. Bisogna lasciare questi giudizi agli elettori.

Evitare la falsa “par condicio”
In una storia su una trasgressione commessa da Trump non c’è bisogno di menzionare qualcosa di simile che riguardi un avversario politico. Ciò può far apparire normale il comportamento di Trump, quando invece non lo è. È un trasgressore seriale delle convenzioni sociali e politiche.

Fornire il contesto
Non è corretto, da parte dei giornalisti, presumere che i “consumatori di notizie” sappiano quale sia il contesto in cui si inserisce la notizia che si sta dando. Già negli anni ’40, i giornalisti venivano criticati perché offrivano al loro pubblico troppo poco contesto. Negli ultimi anni, i giornalisti hanno cercato di recuperare la fiducia del pubblico cercando di essere più trasparenti sulle decisioni relative alle notizie. Il contesto è un elemento chiave, fa capire perché la storia è degna di nota e perché viene raccontata in quel modo.

Non mettere tutti i lealisti di Trump nello stesso mazzo
I seguaci di Trump che hanno preso d’assalto Capitol Hill il 6 gennaio 2021 non sono pienamente rappresentativi dei suoi seguaci. Nel tumulto seguito alle elezioni del 2020 si è trascurato il fatto che Trump sia stato il secondo candidato presidente più votato della storia. Le rappresentazioni semplicistiche dei sostenitori di Trump approfondiscono la loro sfiducia nei confronti dei media e dei loro resoconti.

Niente di tutto ciò sarà facile. Un secolo fa, il giornalista Walter Lippmann scriveva che la stampa, invece di mettere ordine nel caos politico, tende a “intensificarlo”. Trump personifica il caos e la sua copertura giornalistica è stata davvero caotica. Come ha scritto un analista nell’ormai lontano 2018, “La stampa passa rapidamente da un titolo sproporzionato all’altro, concentrandosi su ciò che è strano, sensazionale e polarizzante”. Un modo di dare le notizie più sobrio andrebbe a beneficio del popolo americano, mentre il circo Trump porta il suo spettacolo del 2024 in viaggio.

[Questo post è stato originariamente pubblicato con licenza Creative Commons dalla rivista online The Conversation]

[L’immagine che accompagna il titolo è una rielaborazione della foto di Gage Skidmore diffusa su Flickr.com con licenza Creative Commons]

 

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