Quando a Roma venne Buffalo Bill

Era la fine dell’Ottocento quando il colonnello William Frederick Cody, il celebre cacciatore di bufali incarnazione dello spirito d’avventura della frontiera americana, assunse il nome d’arte di Buffalo Bill e decise di mettere in piedi un grande spettacolo, capace di rievocare lo spirito del selvaggio West.

Quello spettacolo contribuì non poco a creare nell’immaginario quella leggenda che poi sarebbe stata diffusa in tutto il mondo grazie a migliaia di film western. Nel suo Wild West show c’erano le cavalcate dei cowboy che prendevano al lazo le vacche e domavano i cavalli selvaggi, c’erano le manovre di artiglieria contro un villaggio pellerossa, c’era l’assalto a una diligenza. Insomma tutti gli stereotipi poi riproposti dai film con John Wayne.

Tra gli “attori” delle sua compagnia erano presenti nientemeno che i grandi capi Toro Seduto e Alce Nero, oltre alla famosa Calamity Jane, una carovana di centinaia di persone, con migliaia di animali e attrezzature di ogni tipo, che a febbraio del 1890 giunse a Roma, proveniente in treno da Napoli dove era sbarcata.

L’accampamento in Prati

L’accampamento di quella enorme troupe fu sistemato ai Prati di Castello, dov’è l’attuale piazzale Clodio – all’epoca non ancora urbanizzata – e stette lì quasi un mese. Gli spettacoli ebbero luogo lì vicino, in quella che allora veniva chiamata piazza d’Armi, nell’area in cui oggi sorge piazza Mazzini.

La curiosità che provocò Buffalo Bill coi suoi esotici indiani fu davvero tanta e la folla che volle partecipare agli spettacoli fu enorme. Il biglietto d’ingresso all’accampamento costava cifre ragguardevoli, che arrivavano fino alle allora proibitive 5 lire di costo. Al punto che molti romani si arrampicarono sugli alberi della zona, per potersi godere il costoso show senza dover pagare.

Buffalo Bill dal Papa

Durante la sua permanenza romana, Buffalo Bill, che si era anche convertito al cattolicesimo, insieme ai suoi cowboy e ai Sioux ricoperti di piume, si presentò anche in piazza San Pietro, gremita di gente per il Te Deum sacerdotale di Leone XIII, e venne condotto dai camerlenghi fino alla tribuna nella Cappella Sistina, dove prese posto tra la nobiltà romana.

Quando il pontefice uscì nella piazza, i cowboy e gli indiani si inchinarono rispettosamente e si fecero il segno della croce. Il Papa, colpito dal loro atteggiamento, diede loro la benedizione. I giornali dell’epoca raccontarono che gli insoliti ospiti riportarono una profonda impressione alla corte del pontefice. Buffalo Bill, insieme ai cowboy e agli indiani del suo spettacolo, si fece poi fotografare al Colosseo, e davanti ad altri monumenti romani.

La sfida coi butteri

Come spesso accadeva durante i suoi spettacoli, un giorno Buffalo Bill sfidò il pubblico, offrendo la ragguardevole somma di mille lire a chi avesse avuto il coraggio di domare i suoi puledri selvaggi. Quel giorno però, tra la folla, c’era anche Onorato Caetani – futuro sindaco di Roma – che, ritenendo i butteri delle proprie tenute molto più bravi dei cowboy, raccolse la sfida.

L’appuntamento fra le due squadre di contendenti fu fissato per gli inizi di marzo, di fronte a una folla strabordante. Per i cowboy l’inizio fu drammatico: il tempo era pessimo, un puledro preso al laccio spezzò tre funi trascinando quattro cowboy, un altro ruppe due funi. Alla fine i cavalli furono atterrati, ma dopo un tempo interminabile e solo grazie a metodi brutali, che ferirono gravemente i cavalli.

Ben diverse si dimostrarono le capacità dei butteri – tra i quali si distinse Augusto Imperiali, detto Augustarello – che domarono i cavalli, riuscirono a saltar loro in groppa e, galoppando, diedero ampio sfoggio di bravura, senza bisogno di alcuna brutalità nei confronti degli animali.

La sfida era stata stravinta dagli italiani, ma pare che Buffalo Bill, adducendo la scusa che i butteri avessero impiegato troppo tempo a terminare la prova, si rifiutò di pagare. C’è chi dice che, dopo lunghe discussioni, William Cody abbia poi pagato metà del denaro pattuito.
Fatto sta che il giorno dopo, forse scottato dalla pessima figura fatta, Buffalo Bill smontò le sue tende e lasciò Roma. Per sempre.

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