L’era delle megalopoli: come si stanno fondendo le città

Mentre il mondo si muove verso l’urbanizzazione totale, gli insediamenti si espandono fondendosi l’uno nell’altro per creare ciò che gli esperti urbani chiamano “megalopoli”.

[James Cheshire è professore di Informazione Geografia e Cartografia all’University College London (UCL). Michael Batty è Chair professor di Pianificazione all’UCL. Questo articolo è stato pubblicato con licenza Creative Commons sul sito The Conversation]

 

Il 15 novembre 2022, una bambina di nome Vinice Mabansag, nata al Dr. José Fabella Memorial Hospital di Manila, nelle Filippine, è diventata – simbolicamente – l’ottava miliardesima persona al mondo. Di quegli 8 miliardi di persone, il 60% vive in una città. Entro la fine del Ventunesimo secolo, le città rappresenteranno l’85% dei futuri – secondo le previsioni – 10 miliardi di abitanti della Terra.

Le città non crescono solo per numero di abitanti. Più persone ospitano, di più servizi (trasporto pubblico, infrastrutture energetiche, fornitura idrica) hanno necessità, più strumenti di governo richiedono e più resiliente deve diventare la loro economia. Potrebbe sorprendere quindi, sapere che non esiste un’unica definizione di cosa sia effettivamente una città.

In epoca medievale, le città da Londra a Seoul erano delimitate dalle loro mura. E anche nel tardo XX secolo l’idea dei limiti di una città reggeva ancora. Oggi, se il processo di urbanizzazione ricorda ancora le più grandi metropoli pre-millenarie (Tokyo, San Paolo, New York o Mumbai), esse rappresentano comunque una quota decrescente di tutte le città del mondo.

Al contrario, nei centri urbani in più rapida crescita, come Lagos, l’estensione geografica della giurisdizione ufficiale di un sindaco spesso termina molto prima della popolazione che di fatto viene servita. E l’economia di una città, nel frattempo, è spesso profondamente intrecciata con quella delle città vicine.

La domanda su dov’è il confine tra ciò che è e ciò che non è una città – per non parlare di dove finisce l’una e inizia l’altra – trova sempre più difficilmente risposta. Mentre il mondo si muove verso l’urbanizzazione totale, gli insediamenti si espandono fondendosi l’uno nell’altro per creare ciò che gli esperti urbani chiamano “megalopoli”.

 

Come le macchine hanno visto crescere le città

La più grande di queste megalopoli supera già i 60 milioni di abitanti. In Cina, la regione della provincia del Guangdong, attorno all’estuario del Fiume delle Perle, oggi nota come Greater Bay Area, riunisce 11 città, da Macao fino a Guangzhou, Shenzhen e Hong Kong.

Con una popolazione totale di oltre 70 milioni di abitanti, conta 2 milioni di persone in più rispetto all’intera popolazione del Regno Unito, ma in circa un quinto dell’area. In termini economici, con oltre 1.600 miliardi di dollari Usa (quasi 1.400 miliardi di sterline) nel 2018, il suo PIL rappresentava l’11,6% del totale cinese.

Sulla costa dell’Africa occidentale, intanto, il tratto di 600 km tra Abidjan, Costa d’Avorio e Lagos, in Nigeria, sta rapidamente recuperando terreno. Gli esperti prevedono che entro il 2100 questo agglomerato di nove città sarà il più densamente popolato del Pianeta, con un popolazione che potrebbe arrivare a 500 milioni di persone.

Le città hanno iniziato a crescere davvero solo a metà del XVIII secolo, quando abbiamo iniziato a costruire macchine che ci avrebbero spinto molto più velocemente – e più lontano – di qualsiasi tecnologia inventata finora. Per la prima volta le città, e Londra in particolare, hanno sfondato la soglia di circa 1 milione di persone che fino a quel momento aveva dominato il mondo urbano.

Alcune città, tra cui Chicago e New York, sono cresciute verso l’alto, perché le tecnologie della struttura in acciaio e dell’ascensore hanno consentito a coloro che disponevano delle risorse di erigere i primi grattacieli, vere “cattedrali del commercio”.

Con l’invenzione dell’automobile, molte città, come Los Angeles, sono cresciute verso l’esterno, nonostante una diffusa resistenza all’idea di espansione urbana incontrollata.

Alcune grandi città del mondo in via di sviluppo, tra cui Dar es Salaam in Tanzania o Nairobi in Kenya, sono cresciute verso l’interno. Qui si è radicata l’idea di una città compatta basata sul trasporto pubblico e su densità abitative più elevate.

Come il metaverso sta ridefinendo la città

La maggior parte delle persone oggi vive in città di medie o piccole dimensioni. Dipendiamo ancora in gran parte dal motore a combustione interna per spostarci tra diverse attività, tipicamente tra casa e lavoro.

Tuttavia, negli ultimi 50 anni, l’avvento dei computer e delle comunicazioni in rete ha fatto sì che le persone possano ora vivere a enormi distanze dai loro colleghi. Ciò offusca i confini fisici di qualsiasi città.

Contare gli abitanti di una città e mapparne i confini geografici sono solo alcuni degli aspetti da considerare, quando si definisce cosa sia una città. La “pellicola” digitale che ora ricopre il Pianeta consente ai cittadini di qualsiasi città di interagire con chiunque, in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento.

Le città continueranno a crescere e a cambiare fisicamente. Entro la fine di questo secolo, ogni luogo sarà senza dubbio una forma di città, ma è improbabile che il termine stesso scompaia. Invece, cambierà il significato della parola.

Già nel 1937, in un compendio intitolato “The City Reader”, lo storico Lewis Mumford sosteneva che sebbene le città potessero essere identificate come entità fisiche, erano luoghi di interazione sociale, di comunicazioni.

Ciò fa il paio con l’idea che in futuro non penseremo più alle città semplicemente come centri fisici distinti in un paesaggio rurale, ma come modelli di movimento digitale, che attraversano il Pianeta su molte scale, dalla megalopoli fino al quartiere locale. I confini non avranno più lo stesso significato che avevano prima della prima rivoluzione industriale in Gran Bretagna nel 1830.

Gli studiosi concordano sul fatto che man mano che le città diventano più grandi, generano economie di scala che dominano sempre più la loro crescita economica e prosperità. Le prove suggeriscono che il mondo urbano è ancora più complesso.

Le città assomigliano sempre più a sistemi biologici più che a sistemi meccanici, con reti di trasporto che si estendono nell’entroterra intorno a loro come frattali arborei.

Il mondo urbano che sta emergendo è molto diverso da tutto ciò che lo ha preceduto. Resta importante cercare di determinare i limiti fisici della città. Ma capire come fare i conti con questa nuova complessità potrebbe essere troppo superficiale.

 

 

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