I festini di Villa Giulia

Era romano il cardinale Giovanni Maria Ciocchi del Monte. Quando fu eletto papa, prendendo il nome di Giulio III, già le voci poco edificanti sul suo operato si rincorrevano da tempo in città. Eppure quel lunghissimo conclave – durato oltre due mesi e mezzo – del 1550, aveva scelto proprio lui: il miglior candidato di compromesso fra le diverse fazioni in lotta, si disse.

La sua vita era stata segnata da un trauma, quando nel 1527, durante il Sacco di Roma, fu uno degli alti prelati consegnati da papa Clemente VII alle forze dell’imperatore come ostaggi. Avrebbe dovuto essere ucciso assieme agli altri prigionieri in Campo de’ Fiori, se non fosse stato liberato fortunosamente e in gran segreto dal cardinale Pompeo Colonna.

Sarà forse per questo, avendo visto la morte in faccia, che da quel momento il futuro papa decise di godersi la vita fino alla fine, infischiandosene della propria reputazione. E per godersela al meglio, incaricò il Vignola di costruirgli una grande villa fuori porta, poco distante dalla via Flaminia: Villa Giulia, come fu chiamata in omaggio al suo nome pontificale. A idearne gli affreschi e le decorazioni fu chiamato nientemeno che Giorgio Vasari.

Giulio III e Santino

Intanto, le voci più insistenti che giravano a Roma, riguardavano il suo ambiguo legame con un ex servitore. Si chiamava Santino il ragazzo e, fin da bambino, era diventato l’ombra del futuro papa. Il cardinale Del Monte si era preoccupato di assicurargli un’istruzione adeguata, poi lo aveva fatto adottare dal fratello Baldovino per conferirgli dignità nobiliare, facendogli anche cambiare il nome in Innocenzo del Monte.

Si diceva – e anche l’ambasciatore francese lo indicò esplicitamente nei propri rapporti ufficiali da Roma – che questo ragazzo avesse una relazione con il papa. Appena eletto al soglio pontificio, Giulio III lo nominò persino cardinale, quando Santino – ormai per tutti Innocenzo – aveva solo diciassette anni.

Il poeta francese Joachim Du Bellay scrisse un componimento sul fatto, che recita:

“Ma vedere uno staffiere, un bambino, una bestia,
un furfante, un poltrone diventare cardinale,
e per aver saputo accudire bene a una scimmia,
un Ganimede avere il rosso cappello cardinalizio in testa
questi miracoli, accadono solo a Roma”.

I festini nella Villa

Nei cinque anni durante i quali Giulio III restò in carica, si dice che il papa pensò soprattutto a divertirsi. Grandi feste sfarzose furono organizzate nella nuova e bellissima Villa Giulia. Ma quelli erano anche gli anni del Concilio di Trento e della controriforma, perciò comportamenti del genere suscitavano sempre più scandalo.

Era ormai lontana l’epoca di papa Borgia, quel papa Alessandro VI che poteva ufficialmente avere anche dei figli, senza che nessuno osasse dire nulla. La chiesa, adesso, stava cercando disperatamente di porre riparo alla scissione protestante e, per fare questo, al centro di tutto, vi era la necessità di moralizzare i costumi. Un pontefice, dunque, non poteva più dare il cattivo esempio.

La situazione degnerò ulteriormente, quando, dopo la morte di Giulio III, nel 1555, Villa Giulia passò nelle mani del suo “favorito”, l’ex servo Santino, ora chiamato Innocenzo Del Monte, ma ormai da molti definito “la scimmia” – su ispirazione dei versi di Du Bellay – con intento fortemente denigratorio.

In quegli anni Villa Giulia assunse quella stessa fama che, secoli dopo, avrebbe avuto la Villa San Martino di Arcore, con le sue “olgettine” e i suoi “bunga bunga”: pare infatti che Innocenzo Del Monte fosse perennemente in compagnia di prostitute, trascorrendo tutto il proprio tempo tra orge e banchetti.

Le malefatte di Innocenzo

La vicenda assunse contorni ancora più foschi quando Innocenzo del Monte venne accusato e arrestato anche per un duplice omicidio. La sua carica di cardinale gli permise di essere presto rilasciato, ma nel maggio 1569 il Dal Monte andò nuovamente sotto processo: nella sua carrozza erano state scoperte due meretrici e si appurò che esse avevano frequentato a lungo la casa dei cardinale, anche – cosa per l’epoca inaccettabile – durante la quaresima e la settimana santa.

Innocenzo del Monte fu così rinchiuso in un convento. Villa Giulia fu confiscata e divisa: la costruzione principale e parte dei giardini divennero proprietà della Camera Apostolica, mente la villa fu riservata per l’uso della famiglia Borromeo.

Nel 1870, dopo la breccia di Porta Pia, l’edificio divenne proprietà del Regno d’Italia, come sede di raccolta e poi di esposizione dei materiali rinvenuti nel territorio tra i monti Cimini e il Tevere. Iniziò così la destinazione museale della villa, oggi sede di uno splendido Museo Etrusco.

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