La chiave per lasciare un segno nella storia

Se De Chirico avesse segnato un affresco del Cavallini o di Giotto con la propria firma, questa sarebbe stata restaurata? E se il Canova, con il suo scalpello, avesse lasciato il proprio nome sul gruppo del Laocoonte, l’avremmo tenuto in bella mostra? Dai, prendetela come una semplice provocazione.

Diciamo subito che il turista di Bristol che con una chiave ha inciso il nome della ragazza su un muro di contenimento del Colosseo è giusto che paghi e che si becchi gli insulti della “rete”, visto che il suo stupido gesto l’ha voluto condividere anche sui social. Dovremmo forse però anche interrogarci sul significato che abbiamo dato al nostro patrimonio culturale, che sembra sempre di più una vacca da mungere a più non posso: se deve essere “il nostro petrolio” lo sia fino in fondo, fino a spremerlo, fino a creare file oceaniche davanti ai tornelli, giri infiniti di persone sotto il sole per ore, una dietro l’altra, più e più volte circondati su sé stessi, misurando l’importanza di un sito dal numero dei biglietti staccati. E non basta mai. Uno sopra all’altro, uno di fianco all’altro, con le ore passate in fila che superano quelle passate davanti all’opera d’arte o nel sito archeologico. E alla fine ti trovi davanti a quello che avevi visto qualche mese prima in un post su Instagram o nelle foto condivise su Facebook da qualche parente. E ti devi anche sbrigare, perché dietro spingono. Ora tocca a te farti la foto davanti alla statua di … come si chiama … coso …

A volte la foto non basta e si sente la necessità di lasciare all’eternità il proprio anonimato. Una cosa che, dobbiamo dire, è antica quanto i monumenti che amiamo, ricoperti di graffiti fin dalla loro realizzazione e con le firme di ogni tipo di visitatore nei secoli successivi. Fino ai giorni nostri. Dalle piramidi a Machu Pichu, fino al Colosseo.

In molti, dai più acculturati del Grand Tour al turista di Bristol, hanno voluto lasciare un segno nella storia. E riguardo proprio al Colosseo c’è una firma, incisa questa volta nel marmo a grandi lettere, che è rimasta in bella evidenza e conservata con cura: è quella di Hubert Robert, pittore francese che arrivò a Roma nel 1754 e ci restò fino al 1762. Amava talmente il Colosseo che non gli bastò più firmare le proprie opere: sentì il bisogno di lasciare ai posteri nome e data in lettere epigrafiche degne di un’iscrizione antica. ‘Tacci sua, s’è salvato solo perché non c’era Twitter!

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