Se il M5s mandasse Raggi a casa

C’è quel post surreale della sindaca Virginia Raggi, con tanto di video, che gira da giorni ormai su Twitter, dedicato alla delegazione dello Stato Federale della Malacca (Malaysia) che nella stazione della metro di San Giovanni osserva incuriosita e interessata la macchinetta mangiaplastica. La prima cittadina commenta soddisfatta: “@Roma si dimostra ancora una volta protagonista ed esempio di buone pratiche a livello internazionale”.

Il post è del 10 settembre: sfortuna vuole che due giorni dopo un guasto alla metro B ha costretto i passeggeri a scendere in galleria per raggiungere la stazione più vicina. Così, accanto all’elogio di una presunta città all’avanguardia, si possono trovare foto di cittadini che, illuminando il buio della galleria con le torce dei cellulari, camminano in fila indiana ai lati dei binari, o la folla che prende d’assalto le navette sostitutive a Termini, o i commenti sfiancati delle tante persone che continuano a prendere i mezzi pubblici nonostante i disservizi.

C’è una sproporzione che ha del comico tra le piccole cose o i “piccoli passi” compiuti, come li chiama l’amministrazione capitolina, e la realtà. In tanti ce ne siamo accorti, immagino

La metropolitana si è fermato nella galleria tra le fermate Circo Massimo e Colosseo della linea B. I passeggeri sono stati così costretti a farsela a piedi per raggiungere la fermata più vicina. Paura e rabbia tra la gente. I vigili del fuoco sono intervenuti per il trasporto di un disabile dal convoglio alla banchina. Le navette sostitutive in superficie hanno cercato di limitare i disagi, che sono stati comunque pesanti.
Ma nella stessa giornata sono rimaste al buio banchine e scale mobili alla fermata metro Termini della linea A. Metro Roma ha fatto sapere che si è verificato un problema all’impianto di illuminazione. Si sono attivate le luci di emergenza. La situazione è tornata alla normalità poco dopo le 11 del mattino. Una serie di disagi che si aggiunge alla chiusura delle indagini della Procura sugli incidenti nelle scale mobili di un anno fa, che hanno portato alla sospensione di tre dipendenti Atac e uno di Metro Roma, con 11 indagati.  

La stazione della Metro B di Colosseo. Foto di Nicola diffusa su Flickr.com con licenza creative commons

C’è una sproporzione che ha del comico tra le piccole cose o i “piccoli passi” compiuti, come li chiama l’amministrazione capitolina, e la realtà. In tanti ce ne siamo accorti, immagino. Non è un giorno che ironizziamo sullo stile informativo della sindaca, che rivendica il successo di 50 metri di cordoli, di una rotonda non so dove, o di aver riasfaltato chilometri di strada o di aver pulito le caditoie, che se effettivamente fossero state sottoposte all’attenzione dichiarata dovrebbero brillare come fari nella notte.
Il confronto con la vita quotidiana, in una città non facile, provoca un effetto straniante, simile ai racconti paradossali che i regimi autoritari propagandano per mostrare il mondo mirabile da loro governato. Però no, non si tratta di una dittatura. Non si tratta nemmeno dell’eredità malefica lasciata dal Partito Democratico che per quanto terribile poco o nulla c’entra con una Capitale che sopravvive a sé stessa. Non c’è qualcuno altro da accusare e su cui riversare delle responsabilità. Certo, volendo fare uno sforzo critico si può arrivare alle origini dei mali romani, ma quale che sia il risultato, un’amministrazione non può esimersi di rispondere dei suoi atti, compiuti o mancati che siano.

In queste settimane abbiamo sentito spesso parlare di “discontinuità”, a proposito delle politiche nazionali presentate nel programma del premier Giuseppe Conte. La stessa ricetta dovrebbe essere applicata a Roma dai 5 Stelle. Non intendo consigliare un allargamento della maggioranza al Pd che a livello locale sarebbe incomprensibile. Nemmeno una politica di distensione nei confronti delle forze politiche di opposizione in Campidoglio. I 5 Stelle romani dovrebbero fare qualcosa che non faranno mai, probabilmente, anche se è l’unica azione che possa far riguadagnare loro la considerazione cittadina. Spesso hanno dato l’impressione con questa comunicazione “surreale” di non parlare all’intera cittadinanza ma solo ai propri fan, follower o militanti, tenendo in piedi una campagna elettorale contro avversari che nel corso del tempo si sono rivelati fantasmi. C’è un passaggio decisivo in ogni vittoria elettorale, quello che trasforma un politico, il giorno dopo aver vinto le elezioni, in un sindaco al servizio di tutti. I 5 Stelle romani dovrebbero, in parole semplici, mandare a casa Virginia Raggi. Lo dovrebbero fare per senso di responsabilità nei confronti della cittadinanza.
Lo faranno? Penso di no.

 

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