Romanisti col Rolex

All’inizio mi facevano pure simpatia er pupone e l’ex letterina. Quei due che, per un po’, hanno pure provato a negare l’evidenza, a dire che no, non si stavano lasciando, mi suscitavano tenerezza. Col peso di quell’amore nato sotto i riflettori delle tv, con un “6 unica” sbandierato in diretta. Un peso troppo grande da sostenere.

Quell’amore vissuto eternamente in pubblico, persino a mezzo spot pubblicitari, pieni di telefonate per decidere la marca dell’ammorbidente, che finiva ora triturato nel gossip, tra titoli voyeuristici su chi andava a Sabaudia e chi a Ladispoli, su chi tradiva chi e come e quando, era pur sempre un amore tra due ex popolani, divenuti sì famosissimi, ma rimasti teneramente, meravigliosamente e intimamente popolani.

Due “cori de Roma” che si erano amati e ora finivano per odiarsi, ma con quella nobiltà ruvida, un po’ volgare ma autentica, che hanno i figli del popolo. Totti e Ilary erano la versione del ventunesimo secolo dei protagonisti de “la Madonna dell’Urione”, quella canzone popolare che raccontava di un amore intenso e burrascoso, distrutto dalla gelosia.

“Ner mentre sfilerà la procissione, tu m’hai da dì si ancora me voi bene, tu m’hai da dì si sei la stessa a quanno te sospiravo, cantanno così: Fior de limone, so’ tutte belle le trasteverine, ma Nina è la più bella dell’Urione, perché nelle pupille sue turchine, nun ce vedrò l’inganno, nun ce vedrò finzione”.

Poi sono arrivati i Rolex e una brutta intervista rosicona. E quei due popolani si sono trasformati subito in due burini arricchiti. È uscito fuori l’animo di due parvenu rancorosi, ripuliti ma gretti, privi di quella lealtà di fondo che ha sempre, nell’immaginario collettivo, un figlio del popolo. Ecco spuntare suoceri che accompagnano la figlia a fregarsi nottetempo i gioielli di famiglia, ed ecco ex eroi popolari che ce vanno subito in puzza e nun ce vonno sta. Un quadretto piuttosto avvilente.

Non per caso ora spunta, a mettere bocca, anche Fabrizio Corona, una specie di Faust sempre presente quando c’è odore di gossip e di perversioni danarose. Uno da soldi, sesso e droga, senza rock and roll, più che da umanissima gelosia popolana. Il segno, dunque, di un definitivo passaggio della vicenda, dal nobile regno della sceneggiata popolare, alla malabolgia del gossip più becero, in una brutta versione romanesca di Kramer contro Kramer.

Perciò, per evitare il peggio, adesso mi auguro solo che l’ultimo atto di questa sempre più banale storia, assomigli, almeno un po’, alle ultime strofe di quella canzone popolare citata prima, quella Madonna dell’Urione, quando il protagonista, seppure accecato dall’odio e dalla gelosia, rinuncia ai propositi di vendetta e vola alto, affidando il proprio cuore a più sacri e nobili sentimenti.

“Va Nina, va sparisci, fa ‘r piacere, ch’io do la spalla in cambio ar portatore, cor petto alleggerito da ‘na donna, io porto la Madonna co me. Fior de limone, pregate assieme a me gente cristiane, perché ho sfuggito er male e l’occasione. Sonate a stesa tutte le campane. Me benedice mamma, che guarda dar cantone”.

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